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Consumo di suolo: se otto metri al secondo vi sembrano pochi

22.01.14

Il disegno di legge che contiene il consumo di suolo è stato approvato. Ma contiene tutte le trappole tecniche per rallentarne l’efficacia mentre continua la corsa del cemento. È di que­sti giorni il sì al dise­gno di legge sul “Con­te­ni­mento del con­sumo del suolo e riuso del suolo edi­fi­cato”, pro­po­sto dal mini­stero delle poli­ti­che agri­cole ali­men­tari e forestali. La pro­po­sta era già appro­data in con­si­glio dei mini­stri in giu­gno (2013), ora è stata appro­vata dalla Con­fe­renza Uni­fi­cata, com­po­sta da sog­getti dell’apparato sta­tale e da quelli appar­te­nenti alle auto­no­mie locali, e dallo stesso Consiglio. L’atto poteva costi­tuire un passo impor­tante, per­ché final­mente il governo non solo discute ma cerca di trat­tare ope­ra­ti­va­mente il pro­blema del con­sumo di suolo. Tuttavia la ste­sura finale del prov­ve­di­mento risulta lar­ga­mente insuf­fi­ciente, in quanto con­serva tutti gli ele­menti con­trad­dit­tori già pre­senti nella bozza ori­gi­na­ria e oggetto di sva­riate cri­ti­che da più parti per­ché tali da inde­bo­lire, fino a vani­fi­carne le migliori opzioni, l’efficacia del prov­ve­di­mento.

Nel nostro paese l’ingombro dell’urbanizzato giunge a coprire il 20% circa del suolo nazio­nale. Ber­nar­dino Romano ed altri urba­ni­sti, nell’ambito della ricerca “Riu­ti­liz­zare l’Italia”, riporta i dati di Eco­pla­num sul cen­si­mento delle super­fici cementificate-aggiornato al 2010 — tratto dall’incrocio tra resti­tu­zioni satel­li­tari, orto­fo­to­carte e let­ture delle carte tec­ni­che di tutte le regioni. I dati dicono che il risul­tato par­ziale, rela­tivo a meno del 50% del ter­ri­to­rio nazio­nale, for­ni­sce già un dato con­fer­mato di urba­niz­za­zione di 35mila chi­lo­me­tri qua­drati circa su un totale di 301mila, più del 10 %! Allor­ché l’indagine sarà com­ple­tata il dato supe­rerà cer­ta­mente la soglia citata.

Accanto a quest’ordine di rile­va­menti emer­gono cla­mo­ro­sa­mente i dati rela­tivi alle stanze vuote ed ai volumi com­mer­ciali ed indu­striali inu­ti­liz­zati: per le prime siamo a circa venti milioni, men­tre i secondi ormai supe­rano il miliardo di metri cubi (tra qual­che set­ti­mana saranno uffi­ciali i dati dell’ultimo cen­si­mento). Di fronte a tale situa­zione, si invo­cava una legge sul blocco del con­sumo di suolo che fosse vera­mente tale: esclu­dendo qual­siasi nuova edi­fi­ca­zione, a meno di casi par­ti­co­la­ris­simi; for­nendo ai piani urba­ni­stici chiare stru­men­ta­zioni per ridurre o azze­rare i diritti edi­fi­ca­tori già acqui­siti, spe­cie in con­te­sti già segnati da forte sovrab­bon­danza di offerta; can­cel­lando la pos­si­bi­lità che le leggi “di emer­genza” ber­lu­sco­niane (la legge Obiet­tivo per le infra­strut­ture, quelle spe­ciali per ener­gia, rifiuti, depurazione,etc.) potes­sero aggi­rare la stessa pia­ni­fi­ca­zione, anche pae­sag­gi­stica, deter­mi­nando con forza il recu­pero — anzi­ché le nuove costru­zioni — nella dire­zione delle nuove poli­ti­che urbane e territoriali. Il prov­ve­di­mento invece ha tra­la­sciato di det­ta­gliare que­sti caveat, man­te­nendo tutti gli ele­menti di con­fu­sione e con­trad­di­zione denun­ciati. In un paese come l’Italia dove, come soste­neva a giu­gno di quest’anno la stessa mini­stra Nun­zia De Giro­lamo «(…) ogni giorno imper­mea­bi­liz­ziamo più o meno l’equivalente di 150 campi da cal­cio» e dove c’è stato un «aumento del 166% del ter­ri­to­rio edi­fi­cato in Ita­lia negli ultimi 50 anni».

Nella nor­ma­tiva infatti emer­gono chia­ra­mente i punti con­tro­versi. In fondo al comma 1 dell’art.3 del Ddl sul con­te­ni­mento del con­sumo di suolo: « (…) è deter­mi­nata l’estensione mas­sima di super­fi­cie agri­cola con­su­ma­bile sul ter­ri­to­rio nazio­nale, nell’obiettivo di una pro­gres­siva ridu­zione del con­sumo di suolo di super­fi­cie agri­cola». Que­sto prin­ci­pio rien­tra nell’ottica euro­pea del «(…) tra­guardo di un incre­mento dell’occupazione netta di ter­reno pari a zero da rag­giun­gere entro il 2050». Ma se da un lato l’Europa sem­bra essersi accorta del pro­blema, dall’altro lato sem­bra non aver ancora capito l’entità dell’emergenza. «(…) Dal rap­porto Over­view on best pra­ti­ces for limi­ting soil sea­ling and miti­ga­tin its effects, pre­sen­tato per la prima volta in Ita­lia dalla Com­mis­sione euro­pea durante il con­ve­gno ISPRA» del 5 feb­braio 2013, «circa il 2,3% del ter­ri­to­rio con­ti­nen­tale è rico­perto da cemento. Dai 1000 kmq sti­mati nel 2011 dalla Com­mis­sione euro­pea – esten­sione che supera la super­fi­cie della città di Ber­lino – circa 275 al giorno (1990 e il 2000), si è pas­sati ai 920 kmq l’anno (252 ha al giorno) in soli 6 anni (2000–2006) ».

Chi si occupa di ter­ri­to­rio e di urba­ni­stica in Ita­lia sa, e non c’è dub­bio alcuno, che un oriz­zonte del genere, cioè quello del 2050, potrebbe rive­larsi inef­fi­cace per avviare una vera alter­na­tiva allo spreco del ter­ri­to­rio agri­colo e non. Tempi troppo lun­ghi per un’attuazione che dovrebbe avve­nire, se non imme­dia­ta­mente, al mas­simo in uno spa­zio di qual­che anno.

Sostiene l’Ispra che «(…) il con­sumo di suolo in Ita­lia è cre­sciuto ad una media di 8 mq al secondo e la serie sto­rica dimo­stra che si tratta di un pro­cesso che dal 1956 non cono­sce bat­tute d’arresto. Si è pas­sati dal 2,8% del 1956 al 6,9% del 2010, con un incre­mento di 4 punti per­cen­tuali. In altre parole, sono stati con­su­mati, in media, più di 7 mq al secondo per oltre 50 anni » (Comu­ni­cato Stampa Ispra – L’Italia perde ter­reno con­su­mati 8 mq al secondo di suolo).

E ancora «(…) Il feno­meno è stato più rapido negli anni ’90, periodo in cui si sono sfio­rati i 10 mq al secondo, ma il ritmo degli ultimi 5 anni si con­ferma sem­pre acce­le­rato, con una velo­cità supe­riore agli 8 mq al secondo » (Comu­ni­cato Stampa Ispra – L’Italia perde ter­reno con­su­mati 8 mq al secondo di suolo).

Ci si porta die­tro tutto il peso degli errori pas­sati come si può facil­mente capire all’art. 9 del Ddl: «(…) A decor­rere dalla data di entrata in vigore della pre­sente legge (…), e comun­que non oltre il ter­mine di tre anni, non è con­sen­tito il con­sumo di super­fi­cie agri­cola tranne che per la rea­liz­za­zione di inter­venti già auto­riz­zati e pre­vi­sti dagli stru­menti urba­ni­stici vigenti, non­ché per i lavori e le opere già inse­riti negli stru­menti di pro­gram­ma­zione delle sta­zioni appal­tanti e nel pro­gramma di cui all’articolo 1 della legge 21 dicem­bre 2001, n. 443». E la legge n.443 altro non è che la cosid­detta “legge Obiet­tivo”. Come a dire, urge cam­biare le nostre azioni, ma con calma non c’è poi così fretta. Un peri­co­loso controsenso.

Scri­veva Sal­va­tore Set­tis:

«(…) ras­se­gnati ormai alle deva­sta­zioni che ci feri­scono ogni giorno, rifiu­tiamo di vedere quel che dovremmo: che l’anomalia sta diven­tando la regola, che l’eccezione si va tra­sfor­mando in modello unico di svi­luppo, che l’urban sprawl sta man­gian­dosi città e cam­pa­gna, che intere gene­ra­zioni di ita­liani (milioni di per­sone) non hanno più nella loro geo­gra­fia inte­riore nes­sun pae­sag­gio armo­nioso da ricor­dare, nulla su cui fan­ta­sti­care. La città oriz­zon­tale, dif­fusa e dispersa, cre­sce su stessa, si sparge intorno come una colata lavica. Inghiotte l’antica cam­pa­gna, ma fra casa e casa lascia una mol­ti­tu­dine di seg­menti inter­sti­ziali. Resi­dui e fram­menti che non sono buoni né per l’agricoltura né (ancora) per l’abitazione, una zona gri­gia che cor­ri­sponde a uno spa­zio dell’indecisione, ma anche dell’insicurezza»

(S. Set­tis, Pae­sag­gio, Costi­tu­zione e Cemento, 2010).

di Andrea Alcalini e Alberto Ziparo, tratto da Salviamo il Paesaggio - FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI
PER LA TERRA E IL PAESAGGIO

(Eddyburg.it, 10 gennaio 2014)

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